La felicità in azienda inizia

Può un’azienda preoccuparsi non solo del benessere dei propri dipendenti ma anche della loro felicità sul lavoro? È l’ultima frontiera che economisti, sociologi e psicologi occidentali stanno esplorando sotto l’ombrello della CSR (responsabilità sociale d’impresa), su cui si staglia il lavoro portato avanti a Modena, da un lato con la facoltà di Economia Marco Biagi, che ha appena presentato uno studio empirico sulla HAW (Happiness at work), dall’altro con il Museo della felicità aperto a Carpi dalla Casa del Volontariato, uno dei primi in Europa, dove si impara la felicità intesa come prosperità che ognuno di noi può generare, racchiusa nella radice sanscrita “fe” (da cui felix ma anche fecondo e feto).

«La nostra ricerca parte da un questionario somministrato a oltre 440 dipendenti di piccole e medie imprese in vari settori, principalmente del Nord Italia, e da un approccio induttivo, per colmare la mancanza sia di una definizione univoca di che cosa si intenda per felicità sia di strumenti per misurarla. Abbiamo così identificato cinque elementi chiave delle attività di CSR centrate sui dipendenti in cui si può declinare la felicità», spiega Fabio Demaria, ricercatore del dipartimento di Comunicazione ed economia dell’UniMore, elencando le 5 E (Elements): Envisioning, la visione, ossia l’identificazione tra valori personali e aziendali; Equity, l’equità intesa come definizione e distribuzione delle ricompense; Empowerment, lo sviluppo di carriera e crescita professionale; Experimentation, la possibilità di essere coinvolti nella sperimentazione di compiti innovativi e forme organizzative nuove; Empathy, l’empatia e la collaborazione con i colleghi.

 

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