L’idrogeno e il settore energetico hanno condiviso quasi 200 anni di storia. Dal primo motore a combustione interna, progettato da Francois de Rivaz nel 1806, al moderno impiego nell’industria della raffinazione. Un passo a due che si muove oggi nel contesto più ampio della transizione ecologica. L’idrogeno verde è stato incoronato, infatti, come uno dei vettori cardine della decarbonizzazione mondiale, conquistando strategie politiche e piani aziendali. Al punto da poter contare, attualmente, almeno 50 obiettivi nazionali, mandati e incentivi politici a supporto diretto.
Ma quali sono le reali prospettive di sviluppo nel breve termine? In che modo l’idrogeno può veicolare il passaggio verso le zero emissioni? Quale sarà l’idrogeno di domani?
Attualmente il sistema più diffuso è lo Steam Reforming che prevede l’estrazione dell’H2 a partire da idrocarburi, principalmente metano. Il risultato è quello che in gergo viene definito idrogeno grigio. Rispetto agli altri metodi più “virtuosi”, ha il minor costo, con una media di circa 1,50 euro al kg e un cost driver fortemente connesso al prezzo del gas naturale. Di contro possiede una quota emissiva di anidride carbonica (CO2) che lo penalizza ai fini del percorso verso l’obiettivo net zero CO2 entro il 2050 (1kg di H2 prodotto in questo modo produce circa 9kg di CO2…sarebbe spostare il problema delle emissioni di CO2 a monte della catena!).
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