In occasione della Giornata nazionale del Mare dell’11 aprile torna in primo piano il dibattito sul passaggio dalla ‘green’ alla ‘blue economy’, prospettiva che trova nell’osservazione dei processi naturali un nuovo paradigma di gestione delle risorse e della produzione.
Ma come si può passare dalla cultura dell’usa e getta e dell’obsolescenza programmata a quella del riciclo e del riutilizzo delle risorse, senza subire contraccolpi? Guardando alle “infinite potenzialità” della ‘blue economy’, in cui, una buona fetta del vantaggio, “oltre alla tutela e alla valorizzazione dell’ambiente naturale”, consiste proprio nella “creazione di nuovi posti di lavoro e professionalità”, mettendo al centro proprio “il mare.
Bisogna investire in infrastrutture che permettano non solo una pesca e un’acquacoltura più sostenibili o un trasporto mercantile che non abbia impatto a causa degli sversamenti di liquami, dell’uso di combustibili non raffinati o dell’inquinamento acustico, ma che possano cogliere le grandissime opportunità che il mare offre, ad esempio, nella produzione delle energie rinnovabili.
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